Die AutorInnen 2010

Zur schnellen und leichten Auffindung finden Sie hier eine komplette Auflistung und Verlinkung der Text-, Audio- und Videobeiträge am Weblog, alphabetisch geordnet nach den Nachnamen der AutorInnen des Sprachsalz 2010:

~ Michel Butor (Text, Audio, Sprachsalz-Abend-Audio)
~ Franzobel (Text, Audio)
~ Gabriele Loges (Text, Audio)
~ Monika Helfer (Text, Audio)
~ Hettie Jones (Text, Audio, Sprachsalz-Abend-Audio)
~ Georg Klein (Text, Audio)
~ Georg Kreisler und Barbara Peters (Sprachsalz-Abend-Audio)
~ Katharina Lanfranconi (Text, Audio)
~ Sigitas Parulskis (Text, Audio)
~ PEH Paula Gelbke (Audio)
~ Isolde Schaad (Text, Audio)
~ Fabio Stassi (Text, Audio)
~ Carl Weissner (Audio)
~ John Wray (Text, Audio, Gespräch)
~ Rainer Wieczorek (Text, Audio)
~ Erika Wimmer (Text, Audio)

+ Überraschungsgast Michael Lentz (Audio)
+ Überraschungsgast Gerhard Rühm mit Monika Lichtenfeld (Audio)

+ Sprachsalz-Club I (Audio)
+ Sprachsalz-Club II (Audio)

Rainer Wieczorek

quelle: de.wikipedia.org/w/index.php?title=Datei:Pressefoto_Wieczorek_Dittrich.jpg&filetimestamp=20100803124410

Als Kostprobe von Rainer Wieczorek gibt es einen Auszug aus seiner Tuba-Novelle.

Ausschnitt aus "Tuba-Novelle"

Vielleicht sollte er den weißen Seiten einige Fußnoten hinzufügen, dachte er am folgenden Morgen, ein Nachwort vielleicht: So viel Zeit gab es noch, so viel Zeit musste noch übrig sein. Ein Nachwort über das Schöpferische und das Störende, ein Nachwort, das skizzenhaft, vielleicht auch nur schemenhaft über Beckett in Ussy hinausging, das also geeignet war, ihm wie Anderen den Weg zu weisen für eine umfassendere, grundlegendere Kulturkritik, als er sie unter diesen Bedingungen zu formulieren verstand.

Die Arbeit an der Hindemith-Sonate wurde an diesem Morgen nicht fortgesetzt, stattdessen gab es eine Mixtur aus Binde- und Staccato-, Triller- und Sforzato-Übungen, und er bemerkte mit Befriedigung, dass er beim Sforzato nicht mehr zusammenzuckte, bei keinem Sforzato.
Nach einer Pause gab es ausgehaltene Töne.
Im Institut würde all dies nicht mehr zu hören sein, und die Frage war angebracht, ob er überhaupt noch in der Lage sein werde, sich ohne Tuba auf ein institutionelles Tagwerk ausrichten zu können, denn, das bemerkte er staunend, es häuften sich die Momente, in denen er es geradezu genoss, wenn die Tonkaskaden der Tuba in die ganz tiefe Lage rauschten, und die Tuba das tat, wozu sie geschaffen worden war.
Vielleicht hatte er am Anfang seiner Beckett-Studie den Fehler gemacht, zu abwehrend auf die Tuba-Übungen im Spanischen Haus zu reagieren. Es hätte die Möglichkeit gegeben, in der Störung die Musik auszumachen, in der Mühe, die man sich im Spanischen Haus gab, die eigene Mühe gespiegelt zu sehen, mit der Tuba zu schreiben statt gegen sie zu schweigen. Aber hätte er dann dieses Ergebnis erzielt ?

Fabio Stassi

quelle: it.wikipedia.org/wiki/File:Fabio_Stassi.jpg

Dank Fabio Stassi wird das Sprachsalzblog 2010 multilingual, da er uns eine Kostprobe aus dem italienischen Original seines Romans La rivincita di Capablanca (deutsch: Die letzte Partie) zukommen lässt.

Ausschnitt aus dem Roman "La rivincita di Capablanca"

A osservare tutta la vita una scacchiera, con ogni pezzo fermo a presidio della sua zona, Capablanca aveva ora iniziato a chiedersi quali relazioni intercorressero tra i pedoni di una stessa compagine. Tra quelli campochiaro e quelli camposcuro gli era più facile comprenderlo. Fronti che si opponevano secondo schemi che aveva osservato migliaia di volte. Ma all'interno di uno stesso colore, da un solo lato del tavolo, cosa univa un pedone a un altro? che legame correva tra un cavallo e un alfiere, tra le due torri, tra la donna e il re…? ogni metà scacchiera disegnava la trama di tutte le linee di forza che agiscono all'interno di una famiglia o di un esercito. Bisognava imparare a leggerle. Con le loro regole formali, il ventaglio delle varianti, i raggi d'azione e, alla fine, l'arrivo sempre puntuale di un errore. L'aprirsi di una crepa. Una frattura che nessun re sarebbe stato capace di prevedere, e annullare.
In Olanda era rimasto spesso con la mano sospesa per aria, incerto sulla mossa. In realtà quello che gli era venuto a mancare non era più la sicurezza che l'aveva reso così famoso in tutto il mondo. La verità era che non si fidava più dei suoi alfieri, aveva paura che i cavalli o le torri stessero congiurando contro di lui. Era una sensazione sconosciuta. Come se di colpo la sua stessa mano gli fosse divenuta estranea, e nemica.
A studiare e ristudiare le sconfitte di Morphy e degli altri grandi maestri gli sfuggiva sempre il punto di cedimento. Cosa lo aveva determinato era chiaro per l'intelligenza. Una catena di conseguenze. Ma da queste analisi mancava sempre qualcosa. Gli restava il sospetto di una malattia che si manifesta quando non c'è più tempo di rimediare. Un avvelenamento dell'organismo. L'insidia non veniva da fuori, ne era certo. Tutte le partite che aveva perso, era stato per un crollo interno e non per l'incalzare dell'offensiva avversaria. Perché si era rotto un equilibrio tra i suoi sedici pezzi e nessuno era stato capace di ristabilirlo. Per un atto di insubordinazione o di tradimento.
Forse stava impazzendo. Come quell'altro russo che aveva incontrato una volta, a Berlino, prima che la follia oscurasse il suo talento, ma senza riuscirci a giocare. Luzin, si chiamava. O come Morphy. Forse l'abitudine di visualizzare mentalmente la possibilità di un pericolo aveva corrotto anche a lui il coraggio e la ragione. Ma cosa generava la dinamica degli accadimenti? Quanti sacrifici si compivano in ogni colonna, in ogni fila, in ogni traversa? Quali alleanze, quali invidie si consumavano? Nelle posizioni di stallo chi era ostaggio di chi?
Era un gioco di mediazioni, quello, un gioco per acrobati e diplomatici com'era stato lui, una volta.
La notte prima dell'incontro di Rio Preto, nonostante Olga gli dormisse accanto, la solitudine gli ronzava nelle orecchie come una marea, il rombo ostinato e prigioniero di una conchiglia. Lo stesso rumore che doveva avvertire anche Aljechin a Parigi o dovunque fosse. Non riusciva a dormire, ma non soltanto per il vino bevuto. Gli era tornata in mente una domanda che si erano fatti una sera, per celia, a Pietroburgo. Cosa sogna un pedone, gli aveva chiesto il russo, e allora era parsa a entrambi una questione divertente. Adesso, a tanti anni di distanza, la faccenda gli suonava più misteriosa, e ostile. E per poco, in questa camera arredata con umiltà, ebbe l'impressione di avere capito. Cambiare natura. Raggiungere l'ottava traversa. Non rassegnarsi all'infelicità del proprio stato. La chiave di tutto era nell'ansia di una metamorfosi, nel sogno dei pedoni di diventare regine.

Katharina Lanfranconi

(c) Katharina Lanfranconi

Fünf Gedichte von Katharina Lanfranconi:

fliegerkappe

zur zeit bin ich
ein wenig leer

ein niemand
sozusagen

wogt eitel luft
nur um mich her

in blauen,
dünnen lagen

kämst du geflogen
als pilot

durch dieses
nebelmeer

ich setzte meine
kappe auf

und wär gleich
wieder wer


herbstspaziergang

wir schreiten
durch das
schwarze tor
der tannen

durch deren
unterholz die
weisse sonne
fäden flicht

im schatten
kreis steht
eine gruppe
fahler pilze

wie eine
totenstadt
im feuchten
dämmerlicht


mein regenschirm

mein regenschirm
war mir so nah

er stand wie ich
im regen

kein nieseln
das ihn traurig sah

selbst sturm
kam ihm gelegen

ich fürchte
dieser treue freund

wird fürderhin
mich hassen

ich hab ihn jüngst
bei sonnenschein

im café stehen
lassen


ich schrieb etwas

ich schrieb
etwas kleines

das schlief
mit mir ein

so wuchs es
verborgen

und schien
mir am morgen

ein wenig
gewachsen

zu sein


nicht mit dir

nicht mit dir
und nicht
ohne dich

nicht dich
mich nicht
und wie

ohne uns
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weblog zu den 9. internationalen literaturtagen sprachsalz 9.–11. september 2011, hall in tirol

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